@The Gym
Effettivamente
da quando è accaduto questo episodio è passato parecchio.
L'innaturale
scorrere del tempo qui è qualcosa con cui sto ancora imparando a
fare i conti, come in qualche bizzarra teoria fisica, l'orologio a
tratti rallenta e a tratti accelera.
Più
spesso accelera, e le settimane scorrono come pellicole di film.
La
parte più difficoltosa di tutta questa impresa era riuscire a
ricreare per me e Lisa una routine nella quale potessimo di nuovo
identificarci.
Le
notizie dall'Italia erano incoraggianti come il cibo cinese del
giorno prima, e questo mi spingeva a piene forze a cercare un nuovo
equilibrio.
La
stagione stava iniziando ad impedirmi di andare a correre
regolarmente, anche se vedevo schiere di inglesi in calzoncini e
gambe violacee che, senza timore, percorrevano chilometri a grande
velocità fin dalle prime ore del mattino.
Io
sono nato sotto una palma da cocco, ho dei limiti.
La
situazione lavorativa era decisamente volta al peggio, dopo aver
lasciato l'ultimo lavoro nel magazzino di vestiti, mi ero prefisso di
trovare qualcosa per cui valesse veramente la pena essere qui, ma
oramai era passato oltre un mese, e nonostante avessi mandato decine
di curriculum, nessuno si faceva sentire.
Iniziavo
a dubitare dei miei criteri di ricerca: i soldi mi interessavano
relativamente, quello che cercavo era un ambiente di lavoro a
maggioranza inglese, dove finalmente potessi imparare qualcosa che
non si trova su dei libri, un ambiente rilassato dove farsi un tè
non fosse considerato reato e, magari, con qualche potenziale
sviluppo futuro per la mia carriera.
In
quel periodo le giornate passavano con una sorta di lentezza
dolorosa.
Trascorrevo
almeno cinque ore al giorno davanti al computer, premendo il tasto
per ricaricare pagina ogni due minuti.
Cercavo
di uscire almeno un ora tutti i giorni, per evitare di cadere in
depressione casalinga, e quando arrivava sera, sfogavo la mia
creatività culinaria per lenire la stanchezza di Lisa dopo dodici
ore fuori casa.
Mi
ero ripromesso di non finire mai a fare il cameriere o il lavapiatti
ma credetemi, dopo due affitti pagati senza uno stipendio, i miei
principi stavano per cedere.
Essere
testardo, orgoglioso e terribilmente cocciuto si rivelarono qualità
decisive per i quindici giorni a seguito di quel periodo.
Mi
sono ritrovato a parlare di questo poco tempo dopo, in una palestra
vicino alla overgroud di Hoxton, con un ragazzo di Roma che
casualmente si trovava seduto di fronte a me nello spogliatoio.
Mentre
mi cambiavo le scarpe alzai gli occhi e guardandolo in volto gli
chiesi se fosse italiano. Lui con stupore ricambiò lo sguardo e
disse di si.
Ci
trovammo a far chiacchiere da paesani nella nostra lingua natia,
mentre gente gironzolava attorno a noi, lanciando sguardi pigri e
disinteressati.
A
causa di un altro spasmo temporale ci trovammo praticamente soli a
parlare in quel piccolo spogliatoio, mentre il rumore dell'acqua che
scorreva dalle docce suggeriva la presenza di qualcun altro.
Nel
mezzo della conversazione intravidi con la coda dell'occhio un volto
tondo e nero, con occhi perfettamente sferici e assolutamente
inespressivi, che si sporgeva dall'angolo del muro delle docce.
Costui
rimase per un pezzo a fissarci, e noi potevamo solamente vedere il
suo volto rotondo perché il resto del corpo era coperto dal muro che
separava docce da spogliatoi.
Provando
a far finta di niente continuai a parlare ma dopo poco quel viso
rotondo decise di mostrare il resto del corpo, insaponato e pieno di
bolle.
Non
capivamo davvero perché quel gigante a tre gambe fosse così
interessato ai nostri discorsi, ma continuava insistentemente a
guardarci con quello sguardo vuoto e tuttavia simpatico.
Salutai
il ragazzo di Roma dopo poco, e da allora non lo incontrai più.
Nella
settimana precedente a questo episodio avevo fatto tre colloqui, uno
alla Fortnum&Mason, uno in una ditta di frigoriferi, ed il terzo
in uno scalcagnato magazzino seminterrato, nel cuore di Hoxton.
In
due posti su tre mi avevano accettato, e ho dovuto scegliere.
Lavori
tutto sommato simili, colleghi inglesi, stipendi però diversi.
Decisamente
più alto alla ditta dei tè, ma quel che mi attirò del piccolo e
traballante magazzino di Hoxton fu Dave, che stava praticamente
facendo un djset durante orario di lavoro, passando in rassegna i
migliori pezzi new wave degli anni 80.
Misi
di nuovo sulla bilancia i soldi da una parte, e la felicità
dall'altra.
Due
giorni dopo il colloquio mi presentavo alle otto di mattina in quel
polveroso seminterrato pieno di vestiti e personaggi bizzarri,
seriamente intenzionato a fermarmi li il più a lungo possibile.
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